E’ primavera della seconda metà degli anni Ottanta. L’aria è frizzante. Il sole fa capolino da poche nuvole bianche che si muovono lentamente quasi a significare che stanno osservando quello che avviene nella nostra valle di lacrime e di sogni.
Mi trovo nel cimitero del paese natio di mio padre: un borgo arroccato su una montagna del sud Italia, dove la natura è ancora incontaminata: con un fiume dall’acqua trasparente, boschi profumati, more selvatiche, uccelli canterini.
Sono giovane, studio Medicina all’Università , e sono scettico e pragmatico per natura, ma sono anche buono, sincero, incapace di fare del male, di frodare il prossimo.
Sono innamorato della scienza medica, ma sono anche aperto ai messaggi subliminali che c’invia la Natura.
Sono entrato nella cappella dove riposa una mia zia alla quale ero molto legato.
Mentre osservo la lapide, vedo una farfalla bellissima, dai colori vivaci, fantasmagorici, tanto belli e variegati che sembrano quasi innaturali.
La farfalla di montagna si posa sul nome impresso sul marmo, fa un paio di giravolte, mi si avvicina e, lentamente, fuoriuscendo dalla cappella, s’invola.
Penso: forse la farfalla è un segnale inviatomi dal mio Angelo che mi ha voluto far intuire che esiste una dimensione Celeste.
Mi ha inviato un segnale di difficile lettura, servendosi di una farfalla bellissima.
L’anima è eterea, è luce, è colori, è farfalla Celeste.
Il mio Angelo ha usato un espediente con le molecole vaganti di questa creatura di montagna per segnalarmi la Sua Presenza nella mia vita.
G. IORIO
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